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      Quasi contemporaneamente ai due fanciulli, un'altra coppia s'avvicinava alla grande vasca. Era un dabben uomo sulla cinquantina, che conduceva per mano un ometto di sei anni: certo, padre e figlio. Il fanciulletto aveva in mano una focaccia.
      A quell'epoca, alcune case attigue, in via Madame e in via Enfer, avevano una chiave del Lussemburgo, di cui si servivano i locatarî, quando i cancelli erano chiusi; tolleranza, questa, in seguito soppressa. Quel padre e quel figlio uscivan certo da una di quelle case.
      I due poveri guardarono sopraggiungere quei due «signori» e si nascosero ancor più.
      Il padre era un borghese; forse, quello stesso che un giorno Mario, attraverso la sua febbre amorosa, aveva sentito consigliare al figlio, vicino a quella stessa grande vasca, «d'evitare gli eccessi». Aveva l'aspetto affabile e altero e una bocca che, siccome non si chiudeva mai, sorrideva sempre. Quel sorrisetto meccanico, prodotto da un eccesso di mascella e da una mancanza di pelle, metteva in mostra più i denti che l'anima. Il fanciullo, colla sua focaccia addentata, che non finiva, pareva sazio. Il figlio era vestito da guardia nazionale per via della sommossa, il padre era rimasto vestito da borghese, per prudenza.
      Padre e figlio s'eran fermati vicino alla vasca nella quale stavano sbattendo le ali i due cigni. Quel borghese pareva avesse per i cigni, cui rassomigliava in questo, che camminava come loro, una speciale ammirazione.
      Per il momento i cigni nuotavano, il che costituisce la loro principale abilità, ed erano superbi.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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