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      Chi incolpare?
      Nessuno, e tutti. Piuttosto, i tempi incompleti in cui viviamo.
      È sempre a suo rischio e pericolo che l'utopia si trasforma in insurrezione e che, da protesta filosofica, diventa protesta armata, da Minerva, Pallade. L'utopia che si spazientisce e diventa sommossa sa quel che l'aspetta; quasi sempre, essa giunge troppo presto. Allora si rassegna e accetta stoicamente, invece del trionfo, la catastrofe; serve senza lamentarsi e magari discolpandoli, coloro che la rinnegano, e la sua magnanimità consiste nell'acconsentire all'abbandono. È indomabile contro l'ostacolo e dolce verso l'ingratitudine.
      Del resto, è proprio ingratitudine?
      Sì, dal punto di vista del genere umano; no, dal punto di vista dell'individuo.
      Il Progresso è la maniera d'essere dell'uomo. La via complessiva del genere umano si chiama Progresso; il passo collettivo del genere umano si chiama Progresso. Il Progresso cammina e compie il grande viaggio umano e terrestre verso ciò che è celeste e divino; ha le sue fermate, dove riunisce il gregge in ritardo, le sue soste in cui medita, al cospetto di qualche splendido Canaan che riveli all'improvviso l'orizzonte, le sue notti, durante le quali esso dorme. Ed una delle assillanti ansietà del pensatore è per l'appunto vedere l'ombra sull'anima umana e tastare nelle tenebre, senza poterlo svegliare, il Progresso addormentato.
      Dio è morto, forse, diceva un giorno a colui che scrive queste righe Gerardo di Nerval, confondendo il Progresso con Dio e prendendo l'interruzione del moto per la morte dell'Essere.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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