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      A pochi passi da lui si battevano. Per fortuna, tutti s'accanivano contro un unico punto, la porta della taverna; ma se ad un soldato, ad uno solo, fosse venuta l'idea di girare dietro la casa, o d'assalirla di fianco, sarebbe stata finita.
      Valjean guardò la casa dirimpetto, la barricata a fianco, poi guardò in terra, smarrito, colla violenza ispirata da un caso estremo, come se volesse farvi un'apertura cogli occhi.
      A forza di guardare, qualche cosa di vagamente afferrabile in quella sua agonìa si disegnò e prese forma ai suoi piedi, come se fosse stato in potere dello sguardo di far sorgere dal suolo la cosa richiesta. A pochi passi da lui, ai piedi del piccolo sbarramento così inesorabilmente custodito e spiato dall'esterno, sotto un rovinìo di pietre che la celava in parte, egli scorse un'inferriata posta orizzontalmente, a livello del suolo. Quell'inferriata, fatta di forti sbarre trasversali, misurava circa due piedi quadrati; il riquadro di pietre che la teneva a posto era stato strappato, ed era come divelta. Attraverso le sbarre s'intravedeva un'apertura oscura, simile al condotto d'un camino o al cilindro d'una cisterna. Jean Valjean si slanciò: la sua vecchia scienza delle evasioni si fece strada nel suo cervello, come un guizzo. Scostare le pietre, sollevare l'inferriata, caricarsi sulle spalle Mario, inerte come un corpo morto, discendere, con quel fardello sulle reni, aiutandosi coi gomiti e coi ginocchi, in quella specie di pozzo, fortunatamente poco profondo, lasciarsi ricadere sul capo la pesante botola di ferro, sulla quale le pietre smosse rotolarono di nuovo, metter piede sopra una superficie pavimentata tre metri al disotto del suolo, tutto ciò fu eseguito come nel delirio, con una forza da gigante e una rapidità da aquila; e durò a stento pochi minuti.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Valjean Mario