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      Le stragi del tipo della notte di San Bartolomeo vi trapelano a goccia a goccia, attraverso le pietre del selciato; i grandi assassinî pubblici, le carneficine politiche e religiose attraversano questo sotterraneo della civiltà e vi spingono dentro i loro cadaveri. Per lo sguardo del pensatore, tutti gli assassini della storia sono presenti in quell'orrenda penombra, ginocchioni, con un lembo del loro lenzuolo funebre per grembiule, e tentano di passare tristamente la spugna sulle loro azioni. V'è Luigi XI, con Tristano; Francesco I, con Duprat; Carlo IX, colla madre; Richelieu, con Luigi XIII; vi sono Louvois, Letellier, Hébert e Maillard; e tutti grattano le pietre e cercano di far scomparire la traccia dei loro misfatti. Si sente sotto quelle vôlte la scopa di quegli spettri, e vi si respira l'enorme fetore delle catastrofi sociali; si scorge negli angoli qualche riflesso rossastro: in quel punto scola un'acqua terribile, in cui si sono lavate mani insanguinate.
      L'osservatore sociale deve entrare in quelle ombre, poiché esse fanno parte del suo laboratorio. La filosofia è il microscopio del pensiero: tutto vuol sfuggirle, ma nulla le sfugge. Tergiversare è inutile. Quale lato di se stesso si mostra, tergiversando? Il lato vergogna. La filosofia perseguita col suo sguardo probo il male e non gli permette di svignarsela nel nulla. Nel cancellarsi delle cose che scompaiono, nell'impicciolirsi di quelle che svaniscono, essa riconosce tutto; ricostruisce la porpora dal cencio e la donna dal nastro; rifà la città colla cloaca e i costumi col fango.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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