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      Ora la melma gli giungeva ai garretti e l'acqua alla cintola; non poteva già più indietreggiare e andava sprofondando sempre più; e quel fango, sebbene abbastanza denso per il peso d'un uomo, non poteva evidentemente portarne due. Mario e Valjean avrebbero avuto una certa probabilità di cavarsela, isolatamente. Valjean continuò ad avanzare, sostenendo quel moribondo ch'era forse un cadavere.
      L'acqua gli giungeva alle ascelle; si sentiva affondare, ed è molto se poteva muoversi nello spessore del fango in cui era immerso: la densità, ch'era l'appoggio, era anche l'ostacolo. Teneva sempre sollevato Mario e, con indicibile spreco di forze, avanzava; ma sprofondava, anche. Aveva ormai solo la testa fuori dell'acqua, oltre alle braccia che alzavano Mario. Nelle vecchie raffigurazioni del diluvio, v'è una madre che fa altrettanto col figlio.
      Sprofondò ancora, e rovesciò la faccia all'indietro, per poter respirare e sfuggire all'acqua. Chi l'avesse visto in quell'oscurità avrebbe creduto di vedere una maschera, galleggiante sull'ombra; egli scorgeva vagamente sopra di sé la testa penzolante e il viso livido di Mario. Fece uno sforzo disperato e lanciò il piede in avanti: il piede urtò qualche cosa di solido, un punto d'appoggio. Era tempo.
      Si rizzò, si contorse e si radicò quasi con furia su quel punto d'appoggio, che gli fece l'effetto del primo scalino d'una scala che risalisse alla vita.
      Quel punto d'appoggio incontrato nella melma in un momento supremo, era il principio dell'altro versante del fondo della fogna, che s'era piegato senza rompersi, curvandosi sott'acqua come una tavola, d'un sol pezzo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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