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      Devi essere un amico.»
      Valjean incominciò a capire. Thénardier lo prendeva per un assassino. L'altro riprese:
      «Senti, camerata; non avrai certo ammazzato quest'uomo senza guardare che cosa avesse in saccoccia. Dammi la mia metà ed io ti apro la porta.»
      E cavando fuori a metà, di sotto il camiciotto tutto bucato, una grossa chiave, aggiunse:
      «Vuoi vedere com'è fatta la chiave della libertà? Eccola.»
      Valjean «rimase istupidito», come dice la frase di Corneille, al punto di dubitare che quel che vedeva fosse reale. Era la provvidenza sotto un orribile aspetto, era il buon angelo che usciva dalla terra sotto forma di Thénardier.
      Thénardier cacciò il pugno in una ampia tasca, nascosta sotto il camiciotto, ne levò una corda e la tese a Valjean.
      «To',» gli disse; «ti do anche la corda, per giunta.»
      «Per che farne, d'una corda?»
      «Ti occorre anche una pietra; ma la troverai lì fuori, dove c'è un mucchio di rottami.»
      «Per che farne, d'una pietra?»
      «Sciocco! Dal momento che vuoi buttare l'uomo nel fiume, ti ci vuole una pietra e una corda; se no, galleggerebbe sull'acqua.»
      Valjean prese la corda. Non v'è nessuno che non abbia simili macchinali consensi.
      Thénardier fece schioccare le dita, come al sopraggiungere d'un'idea subitanea.
      «Già, camerata! Come hai fatto a cavartela dalla frana, laggiù? Io non ho osato cacciarmici. Puah! Non sai un troppo buon odore.»
      Dopo una pausa aggiunse:
      «Io ti faccio delle domande; ma tu hai ragione di non rispondere. Stai facendo le prove per quel brutto quarto d'ora del giudice istruttore; eppoi, non parlando affatto, non si rischia di parlare troppo forte.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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