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      «Vetturino,» disse «via de l'Homme-Armé, numero 7.»
      XI • SCOSSA NELL'ASSOLUTONon apersero bocca in tutto il percorso.
      Che voleva fare Jean Valjean? Finire quel che aveva incominciato: avvertire Cosette, dirle dove si trovava Mario, darle, forse, qualche altra utile indicazione e prendere, se gli era possibile, alcune ultime disposizioni. Quanto a lui, quanto a ciò che lo riguardava personalmente, era finita; Javert l'aveva preso ed egli non pensava a resistere. Un altro che non fosse stato lui, in una simile situazione, avrebbe forse vagamente pensato a quella corda che Thénardier gli aveva data e alle sbarre della prima cella in cui l'avrebbero fatto entrare; ma, dopo il vescovo, v'era in Jean Valjean una profonda esitazione religiosa davanti a qualunque delitto, anche, insistiamo, contro se stesso. Il suicidio, misteriosa via di fatto sull'ignoto, che entro certi limiti può contenere la morte dell'anima, era impossibile a Valjean.
      All'imbocco della via de l'Homme-Armé, troppo stretta perché potessero transitarvi i veicoli, la carrozza si fermò, e Javert e Valjean discesero.
      Il vetturino fece umilmente presente al «signor ispettore» che il velluto d'Utrecht della sua carrozza era tutto macchiato dal sangue dell'uomo assassinato e dal fango dell'assassino (poiché così egli aveva capita la cosa), e aggiunse che gli era dovuto un indennizzo. Contemporaneamente, levandosi di tasca il suo libretto, pregò il signor ispettore d'aver la bontà di scrivergli sopra «un pezzetto di dichiarazione del come e del quando».


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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