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      Arrivava a conoscerlo, se ne rendeva conto? Evidentemente, no; ma sotto la pressione di quell'incomprensibile incontestato, sentiva che la sua testa si apriva.
      Egli era meno trasfigurato che vittima di quel prodigio; lo subiva, esasperato, e non vedeva in tutto ciò che un'immensa difficoltà di esistere. Gli pareva che ormai la sua respirazione fosse impacciata per sempre. Non era avvezzo ad avere sul capo l'ignoto.
      Fino ad allora, tutto ciò che aveva sopra di sé era stato una superficie chiara al suo sguardo, semplice e limpida: nulla d'ignorato, nulla d'oscuro in essa; nulla che non fosse definito, coordinato, concatenato, preciso, esatto, circoscritto, limitato, chiuso; nessuna probabilità di caduta, in essa, nessuna vertigine al suo cospetto. Javert non aveva mai visto l'ignoto altro che in basso; l'irregolare, l'inatteso, la disordinata apertura del caos, il possibile scivolone in un abisso erano prerogativa delle regioni inferiori, dei ribelli, dei cattivi, dei miserabili. Ed ora che Javert si rovesciava all'indietro, era bruscamente sgomentato da codesta incredibile apparizione: un abisso in alto.
      Ma come! Smantellamento da cima a fondo! C'era di che esser sconcertato, assolutamente! Di chi fidarsi, se ciò di cui si era convinto si sfasciava?
      Come! Il punto debole della corazza della società poteva esser trovato da un miserabile magnanimo? Come! Un onesto servitore della legge poteva essere esposto a trovarsi all'improvviso fra due delitti, quello di lasciar scappare un uomo e quello di arrestarlo?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Javert