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      «Quel signore porta sempre libri sotto il braccio, forse, come fa ora?» chiese a bassa voce a Nicoletta la signorina Gillenormand, a cui non piacevano i libri.
      «Ebbene,» rispose nello stesso tono Gillenormand, che l'aveva sentita; «vuol dire ch'è un dotto. Tutto qui? È colpa sua? Il signor Boulard, ch'io conobbi, non usciva mai senza un libro e teneva sempre un volume contro il cuore, così.»
      E, salutando, disse ad alta voce:
      «Signor Tranchelevent...»
      Papà Gillenormand non lo fece apposta; ma il non porre attenzione ai cognomi era in lui un vezzo aristocratico.
      «Signor Tranchelevent, ho l'onore di chiedervi per mio nipote, il signor barone Mario Pontmercy, la mano della signorina.»
      Il «signor Tranchelevent» s'inchinò.
      «È detto,» fece il nonno.
      E, voltosi verso Cosette e Mario, con le braccia stese e benedicenti gridò:
      «Permesso d'adorarvi.»
      Non se lo fecero dire due volte, certo; e incominciò il cinguettìo. Parlavan sottovoce, Mario appoggiato col gomito sulla seggiola a sdraio, Cosette in piedi, vicino a lui. «O mio Dio!» mormorava Cosette. «Vi rivedo. Sei tu? Siete voi? Andarsi a battere in questo modo! Ma perché? È orribile. Per quattro mesi, sono stata morta; oh, che cattiveria, esser andato in quella battaglia! Che v'avevo fatto, io? Vi perdono, ma non fatelo più. Poco fa, quando sono venuti a dirci di venire, ho creduto ancora di star per morire, di gioia, però. Ero tanto triste! Non mi sono neppure concessa il tempo di vestirmi, e devo far paura; che cosa diranno i vostri parenti, vedendomi un colletto così sgualcito?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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