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      Nulla lo divertiva quanto l'essere magnifico: aveva regalato a Cosette un abito di pizzo di Binche, ereditato da sua nonna. «Queste mode vanno rinascendo,» diceva. «Le anticaglie fanno furore e le giovani della mia vecchiaia si vestono come le vecchie della mia infanzia.»
      Andava svaligiando i suoi rispettabili cassettoni di lacca del Coromandel, panciutelli, che da anni non eran più stati aperti. «Confessiamo queste vedove,» diceva «e vediamo che cosa nascondono nel ventre.» Violava fragorosamente cassetti panciuti, pieni di abiti di tutte le sue mogli, di tutte le sue amanti e di tutte le sue antenate, prodigando a Cosette sete cinesi, damaschi, lampassi moarè dipinti, vesti di seta di Tours, cangianti, fazzoletti delle Indie, ricamati con un oro che può esser lavato, pezze di seta a fiorami senza rovescio, pizzi di Genova e d'Alençon, gioielli di oreficeria antica, bomboniere d'avorio ornate di microscopiche battaglie, e fronzoli e nastri. Cosette, meravigliata, smarrita nell'amore per il suo Mario e sgomenta di riconoscenza verso Gillenormand, sognava una felicità senza fine, vestita di raso e di velluto. I suoi doni di nozze le apparivan come sorretti da serafini e la sua anima s'involava nell'azzurro con ali di pizzo di Malines.
      L'ebbrezza degli innamorati, abbiam detto, era solo uguagliata dall'estasi del nonno; v'era come una fanfara in via Filles du Calvaire. Ogni mattina recava una nuova offerta di cianfrusaglie da parte del nonno a Cosette, e tutte le guarnizioni possibili spiegavan la loro splendida pompa intorno a lei.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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