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      Al tempo attuale concedo questa divisa: pulizia sudicia. Non andare in collera, Mario, lasciami parlare; non dico male del popolo (vedi bene che ne ho sempre la bocca piena, del tuo popolo) ma non ti spiaccia ch'io dia una buona strigliata alla borghesia. Ne faccio parte anch'io, e chi ama bene frusta bene. Dopo di che, dico chiaro e tondo che oggi ci si sposa, ma non ci si sa sposare. Oh, proprio! Io rimpiango la gentilezza degli usi antichi, e ne rimpiango tutto: quell'eleganza, quella cavalleria, quei modi cortesi e delicati, quel lusso piacevole che tutti avevano, la musica che faceva parte delle nozze, in alto i suonatori e in basso i tamburini, e le danze, ed i giocondi volti intorno alla tavola e i madrigali lambiccati, le canzoni, i fuochi d'artificio, le risate schiette, il diavolo a quattro, le grandi gale di nastri. Rimpiango la giarrettiera della sposa; quella giarrettiera è cugina del cinto di Venere. Su che cosa s'impernia la guerra di Troia? Sulla giarrettiera d'Elena, perbacco! Perché si battono, perché Diomede, il divino, fracassa in capo a Merioneo quel grande elmo di bronzo a dieci punte, perché Achille ed Ettore si piluccano a colpi di picca? Perché Elena s'è lasciata prendere la giarrettiera da Paride. Colla giarrettiera di Cosette, Omero farebbe l'Iliade; metterebbe nel suo poema un vecchio chiacchierone come me, e lo chiamerebbe Nestore. Un tempo, amici miei, in quell'amabile tempo andato, ci si sposava saggiamente; si faceva un buon contratto e poi una buona gozzoviglia; non appena uscito Cujaccio entrava Gamache.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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