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      Ho immaginato questa ferita per non commettere un falso, per non introdurre un motivo di nullità negli atti matrimoniali, per esser dispensato dal firmare.»
      Mario balbettò:
      «Ma cosa vuol dire, tutto questo?»
      «Vuol dire,» rispose Valjean «che sono stato in galera.»
      «Voi mi fate impazzire!» esclamò Mario, spaventato.
      «Signor Pontmercy,» disse Valjean «sono stato diciannove anni in galera, per furto; poi sono stato condannato a vita, per furto, per recidiva. E in questo momento sono contumace.»
      Mario aveva un bell'indietreggiare di fronte alla realtà, e ricusare il fatto e resistere all'evidenza: bisognava arrendersi. Incominciò a capire, e, come sempre capita in un caso simile, comprese al di là del necessario. Provò il brivido d'un orrendo lampo interno; un'idea che lo fece tremare gli attraversò la mente, ed intravide nell'avvenire, per sé, un destino mostruoso.
      «Dite tutto, dite tutto!» gridò. «Voi siete il padre di Cosette
      E fece due passi indietro, con un gesto d'indicibile orrore.
      Jean Valjean rialzò il capo con tale maestà d'atteggiamento, che sembrò ergersi fino al soffitto.
      «È necessario che mi crediate sopra questo punto, signore; e, sebbene il nostro giuramento non venga raccolto dalla giustizia...»
      Qui fece una pausa; poi, con una sorta d'autorità solenne e malinconica, aggiunse, articolando lentamente e scandendo le sillabe:
      «...Mi crederete. Io, padre di Cosette? Davanti a Dio, no! Signor barone di Pontmercy, io sono un contadino di Faverolles, e mi guadagnavo il pane potando gli alberi.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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