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      «Da ieri a questa parte mi fate tutti arrabbiare. Sono molto in collera e non capisco: voi non mi difendete contro Mario, e Mario non mi sostiene contro di voi. Sono sola sola. Metto a posto una stanza come si deve; se avessi potuto mettervi il buon Dio, ce l'avrei messo. E adesso mi piantano la stanza sulle braccia e il mio inquilino fa bancarotta. Ordino a Nicoletta una buona cena: non voglio la vostra cena, signora. E il mio papà Fauchelevent vuole che lo chiami signor Jean e che lo riceva in una spaventosa vecchia cantina ammuffita, dove i muri hanno la barba e dove i cristalli sono le bottiglie vuote e, tendine, sono le ragnatele! Voi siete singolare, e sta bene, è il vostro sistema; però, si accorda una tregua a coloro che si sposano. Non avreste dovuto rimettervi subito ad esser strambo. Dunque, voi sarete contentone nella vostra orrenda via dell'Homme-Armé; per conto mio, vi sono stata tanto disperata, io! Cos'avete contro di me? Mi fate tanta pena. Oibò!»
      E, fattasi seria d'un subito, guardò fisso Jean Valjean e soggiunse:
      «Siete dunque in collera con me, perché sono felice?»
      L'ingenuità, a sua insaputa, penetra talvolta molto addentro. Quella domanda, semplice per Cosette, era profonda per Valjean; Cosette voleva graffiare, e straziava.
      Valjean impallidì. Rimase un momento senza rispondere; poi, con un accento inesprimibile, come parlando a se stesso, mormorò:
      «La tua felicità era lo scopo della mia vita; ed ora, Dio può firmare la mia sentenza. Tu sei felice, Cosette: ho fatto il mio compito.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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