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      Cosette rincarava la dose e Valjean ritornava da capo. Era un argomento inesauribile e quella parola, Mario, era feconda; v'eran interi volumi in quelle cinque lettere, e in quel modo Valjean riusciva a restare a lungo. Gli era tanto dolce vedere Cosette, dimenticare tutto vicino a lei! Era il rimedio per la sua ferita. E parecchie volte avvenne che Basco venisse a dire in due riprese: «Il signor Gillenormand mi manda a ricordare alla signora baronessa che il pranzo è pronto.»
      Quei giorni, Jean Valjean rincasava assai pensieroso.
      V'era dunque qualche cosa di vero in quel confronto della crisalide, che s'era affacciato alla mente di Mario? Era proprio Valjean una crisalide che s'ostinava e che veniva a far visita alla sua farfalla?
      Un giorno, rimase ancor più a lungo del solito. Il giorno dopo, notò che non era stato acceso il fuoco nel camino. «To'!» pensò. «Non c'è fuoco.» E diede a se stesso questa spiegazione: «È naturale: siamo in aprile e il freddo è finito.»
      «Mio Dio, come fa freddo, qui!» esclamò Cosette, entrando.
      «Ma no,» disse Jean Valjean.
      «Siete stato voi, forse, a dire a Basco di non accendere il fuoco?»
      «Sì. Ormai, siamo quasi in maggio.»
      «Ma il fuoco si accende fino in giugno; e in questa cantina, ci vuole tutto l'anno.»
      «Ho pensato che il fuoco fosse inutile.»
      «Ancora una delle vostre idee!» riprese Cosette.
      Il giorno seguente, il fuoco era acceso; ma le due poltrone erano disposte all'altra estremità della stanza, vicino alla porta: «Che vuol dire ciò?» pensò Valjean.
      Andò a prendere le poltrone, e le rimise al loro solito posto, vicino al fuoco.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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