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      » - «Vieni, vieni con meco: se non la mangi, farai come hanno fatto i tuoi fratelli; e se la mangerai, sarà ben per te. Vieni, vieni a vedè' i tuoi fratelli.» - «Oh dove sono?» - «Vieni con meco.» - Apre lo stanzino: - «Li vedi?» - «Oh poeri miei fratelli!» - Piangere, stridere, scalpitare, ch'era una pietà a vedere! - «Dunque io vado via. Addio, sai. Che tu cerchi di mangiarle quelle tante libbre di carne! Sennò quel ch'io ho fatto ai tuoi fratelli ti sarà la medicina anco per te.» - Il mago va via e rimane lì Antonio dolente e tutto, pensando alla disgrazia dei fratelli. Ti prende questa carne in mano, lui: - «Cosa ne devo fare? Eh non lo so. Mangiarla, non la mangio di certo.» - Scende giù, cammina: entra in un giardino. Vede un corridojo lungo lungo che si vedeva nè quasi nè principio nè fine; gli viene di gran carriera nel fondo di questa corsia, di quest'andito: c'era due cani. E gli butta in terra quella carne. S'avventorno a codesta carne umana, te la inghiottirno in un battibaleno questi due cani e sparinno. Antonio gli torna addietro. Eccoti il mago n'i' suo appartamento. - «Antonio!» - «Comandi!» - «Cos'hai fatto della carne?» - «Mangiata.» - «Se l'hai mangiata, sarà ben per te.» - Te lo prende per un braccio e te lo porta n'i' suo quartiere. - «Dunque l'hai mangiata?» - Prende i' libro, lo spalanca: Carne mangiata. - «Bravo Antonio!» - te l'abbraccia per l'allegrezza. - «Caro Antonio! Te sarai l'erede di tutte le mie ricchezze. Abbi da sapere che io vado a girare i' mondo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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