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      » - a calar giù ancora lei. - «A fare icchè» - dice le sorelle - «ti s'ha a calare?» - «Voi mi dovete calare e non ricercare quel ch'io farò.» - Dunque insisteva. Loro di no; e lei sempre: - «Voi mi calerete, vo' m'avete a calare.» - S'erano stancate: dicevan di no e lei la diceva sì. - «Vuoi calare? e tu cala!» - e con la fune la calarono. Questa ragazza l'avea preso un paniere grande. Va all'usciolino secreto di Sua Maestà. Sta in orecchi; non sente nessuno. Lesta lei principia a salire e entra nella cucina. E siccome[3] tutte le guardie erano a guardare, sapete bene, là dove s'appartiene, qua non ci pensavan neppure. Che ti fa? La prende tutte le meglio robe, tutto arrosto, potete immaginare cosa ci sarà stato! e mette tutto nel paniere la meglio roba. E poi l'altra roba, quello che era rimasto lì per Sua Maestà, tutto cenere e acqua, la gnene sciupò tutta. E poi la va via, e va in cantina: prende i meglio vini, le meglio bottiglie, tutte le qualità che lei poteva prendere. E poi dà l'andare a tutte le botti, bottiglie e tutto quel che rimase; e vien via. Corre verso casa. - «Tiratemi su! tiratemi su!» - alle sorelle. - Eccoti le sorelle la tiran su: e videro un paniere di roba, pieno d'ogni grazia di dio. Gli domandano: - «In che maniera?» - E lei: - «Zitto! ve lo dirò. Serrate le finestre e ve lo dirò!» - Serrano e gli dice: - «Io sono stata così da Sua Maestà. Ho fatto questo e questo. Ho preso tutta la meglio roba; e poi ho spento con cenere la roba da mangiare ch'era rimasta.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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