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      Lesta lei, lo prende e lo mette nel panierino. Dą l'andare alle botti, poi lesta a casa: - «Tiratemi su, tiratemi su!» - La va su a mangiare con le sorelle. Lasciamo lą quelle che sono in gaudeamus, a cenare come principesse, e venghiamo a Maestą che dice: - «Signori, stasera non sarą come l'altra sera: ci sono stato da me a guardare.» - E questi signori tutti contenti dentro di sč. Ora ordina di mettere in tavola. I cochi entrano in cucina e veggono pił cento volte straziato delle prime sere. Pił lesti andierono da Sua Maestą, perchč: - «Se stasera» - dice - «c'č stato da sč, non ci pole incolpare.» - «Maestą, venite a vedere.» - «E cosa c'č da vedere?» - «Venite a vedere» - dice. Va a vedere, che? figuratevi la cosa! - «Qui c'č un astro maligno, qualche fata che si gioca di me!» - Va dai signori: - «Signori, siamo alle medesime. Venghino a vedere anche loro!» - Poveretto, gua'. Vanno alla cantina, figuratevi, tutto un lago: non si vedeva proprio dove andare. Tutto cascato il vino e poi tutto mescolato. Dice a questi signori che gli abbino pazienza, ma che dei festini non ne dą pił, perchč non poteva dar loro nemmanco da rinfrescarsi. Tutto un lago gił, non ci si raccapezzava nulla. Piangendo, sospirando, gli pareva mill'anni d'arrivare alla mattina, d'andare alle sue bambine. Dice: - «Le mie povere bambine quanto mi voglion bene, e questi traditori quanto mi voglion male!» - Per tornare un passo addietro, queste ragazze: - «Dove si metterą» - dice - «questo vaso di verdea?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestą Sua Maestą