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      Io voglio fare una celia. Voglio far fare una donna tutta di pasta, e da qui in su tutta zucchero e miele: e poi ci siano ordinghi da potergli fare dire di sì e dire di no.» - Figuriamoci, non aveva finito d'ordinare che gli era bell'e fatta! - «Perchè la voglio mettere nel letto, voglio fargli una celia al Re. Come a dire invece d'io[9] che ci sia questa donna di pasta[10].» - Ed appena fatta, la fa mettere in letto con la berretta, tutta vestita, come se la fosse stata lei in persona. Dopo pranzo, dopo la cena, dopo tutta l'allegria, vien l'ora di coricarsi. E chiede lei d'andare prima un momento a letto. Invece di spogliarsi entra sott'il letto e si prepara con questi ordinghi, se mai, a tirare e a dire di sì e di no. Venghiamo a Maestà che dice ai servi: - «Non occorre che mi spogliate stasera: faccio da me.» - Entra in camera, e serra. E dice: - Briccona! Ti ricordi eh, quando io diedi tre festini e mi eran fatti quegli spregi; e che te andavi dicendo: è tanto bon signore!, traditora.» - Lei, sotto al letto: - «Sì, me ne ricordo.» - E tirava i fili, perchè dicesse sì la donna di pasta. - «Ah, te ne ricordi, eh?» - «Sì» - la dice. - «Me ne ricordo.» - «Adesso è tempo della mia vendetta.» - Prende la spada e va al letto e la ferisce; via, ferisce quella bambola ch'era lì coricata. E gli spruzza tutto zucchero e miele.[11] E lui sentendo dolce, zucchero e miele, comincia a dire: - «Oh Leonarda mia di zucchero e miele! se io ti avessi ora ti vorrei gran bene.» - Lei dice: - «Io son morta.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestà Leonarda