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      Se non che, sbollorata la furia, tastando, sente un corpo freddo, e non è a dirsi se diede in disperazioni dubitando avere ammazzato la moglie. Salta dal letto, esce di camera e chiama gente con lumi; i servitori e i cortigiani accorrono. Intanto Giovanna, tolta prestamente la donna di pasta smozzicata e ripostala, lei stessa si messe in luogo di quella, e finse d'essere ferita, tingendosi il collo con del sangue serbato in una vescica, e pareva come moribonda. Quando il Re colle persone del seguito rientrò in camera, si buttò a traverso il letto con gran pianti. E si strappava i capelli, accusando la sua maledetta rabbia, e non poteva darsi pace di avere ammazzato Giovanna. E Giovanna, lasciatolo un po' disperare, finalmente con meraviglia di tutti, si rizza a sedere e dice: - «Signori! veramente, se dovessi badare al trattamento del mio sposo la prima notte del matrimonio, io dovrei pigliare la robba mia e tornarmene là da dove sono venuta. Ma siccome io non tengo rancori e penso che quanto il Re ha fatto provenne da un po' di subita mattia, oramai quel che è stato è stato e non ci si pensi più. Soltanto, il Re esca di camera e mi lasci rimettere dalla paura che ho avuto.» - Il Re gli consentì ogni cosa, gli domandò perdono e gli dette arbitrio di chiamarlo accanto a lei quando gli piacesse e fosse rinsanichita. Giovanna fece le viste di stare malata per qualche tempo e alla perfine fatta la pace collo sposo, vissero allegri e contenti, e credo ancora lo sieno.
     
      In santa pace pia,


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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