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      » - dice - «gran bella cosa che avete!» - «Maestà, - dicono i ragazzi - «se Lei ci fa degni, pò venire pure a passeggiare una mezz'ora, un'ora nel giardino.» - «Ben volentieri accetterò quest'invito di venire.» - E va nel giardino di questi ragazzi, discorre del più e del meno e poi gli dice: - «Verreste a mangiare una zuppa da me?» - «Ah Signore» - dicono - «sarà troppo incomodo.» - «No;» - dice - «mi fate un regalo.» - «E allora accetteremo le sue grazie e dimani saremo da Lei.» - Il Re va via, viene a casa e dice alle sorelle: - «Domani ci ho persone a pranzo.» - «E chi ci avete?» - «Ci ho quei ragazzini di quel giardino là.» - «Quelli!...» - Esse lo sapevano che eran quelli i figlioli del Re. - «Ah noi ci dispensiamo, non si ci vole stare a questo pranzo» - dicono le sorelle. - «Perchè non ci volete stare? Son tanto boni que' ragazzi! Andiamo, andiamo, non facciamo chiasso.» - E le sorelle, gua! s'accordarono. La bambina la prende l'uccellino che parla e se lo mette in seno per andare al pranzo. - «Maestà,» - dice - «mi sono presa la libertà, ho portato ancora l'uccellino.» - «Bene: anzi sarà il divertimento della tavola!» - Quando furono sul bello del desinare gli dicono: - «Uccello, non dici niente?» - «Oh signore,» - dice - «avrei un fatto da raccontare, se Lei mi permette. Vi era un Re: in un tal tempo, non si sa per qual caso, proibì che la sera andassero fuori dalle ventiquattro in là. L'omo di cucina che sente quest'ordine, era così stanco e sudato, dice da sè: O ch'io moja di caldo o che mi faccia morir Sua Maestà, tanto è l'istesso! io vado fori.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Sua Maestà