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      Tutti i giovani liberati da lei sono già nel prato; tutti le rendono mille grazie del bene ricevuto; chi le dà collane, chi corone, chi anella: son tutti figli di Re incatenati da una trista fata che aveva fatto questo incantesimo. Il quarto giorno la strada del Re è popolata di gente. L'acqua che canta, che balla e che suona richiama tutta la popolazione; l'Uccel Bel-Verde chiacchiera con tutti quelli che lo interrogano[4]; l'albero del sole riflette i raggi e si volge sempre dalla parte ove il sole lo illumina. Il Re stesso si sente commosso a tanta gioja, s'affaccia, vede la bella giovane che gli rammenta la sua Uliva, vede tutto il popolo esultante a tanta festa, a tanta bellezza. Dopo diciotto anni si fa radere la sua barba, cambiare le sue vesti in più ricche vesti, e dice che desidera di vedere da vicino la bella Amalia. La Regina madre temendo di perdere il trono e che il Re suo figlio debba prendere un'altra moglie, manda a chiamare la solita strega e gli dimanda cosa può fare per ammazzare questa sua nemica. La strega gli dice che inviti tutti a pranzo, l'Amalia, Federigo, Alfredo, e che avveleni il pranzo. Essa finge di voler compiacere il Re e di voler invitare i giovani a pranzo da lei. Amalia accetta con gioia: ma chiede la grazia di portare l'Uccel Bel-Verde, perchè l'Uccel Bel-Verde l'aveva già avvertita. Il Re, beato di questa dimanda. Il pranzo è imbandito, ma i giovani non mangiano altro che quello che l'Uccel Bel-Verde becca. Gli aveva detto che non dovevano mangiare altro che quello che lui avrebbe beccato.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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