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      - «State vispola,» - gli disse il Re, - «e non abbiate sospetto. Voglio soltanto che mi ridiciate da voi le parole che v'enno sortite di bocca a udita del mi' servitore. Via, su, dite.» - Lei proprio non sapea da dove cominciare; ma poi, fai e rifai, si diede coraggio: - «Maestà,» - disse, - «si diceva per dire, così per chiassata, insenza un malo pensiero. Gua'! dissi, che se il Re mi pigliava per su' legittima sposa, i' gli arè' partorito, tutti assieme, due bambini colla collana d'oro al collo, e una bambina con una stella isplendente in sulla testa.» - «E saresti bona a mantiener la promessa?» - «Di sicuro, Maestà, che mi credo capace di mantienerla.» - Allora il Re, che a sentirla parlare se n'era innamorato, gli disse: - «Vi piglio in parola, e sarete la mi' legittima sposa, e Regina in sul trono.» - E doppo averla fatta 'struire con una bona educazione, seguirono le nozze con grandi allegrie per tutto il Regno, e le sorelle della Regina il Re gliele messe a servirla in corte per su' compagnia. Ma loro non ci s'adattavano a esser da meno, e l'astiavano con un rodimento di core, che non si pole raccontare; e se gli potevan far de' dispetti, non si risparmiavan mica. Passato del tempo, de' mesi, via, la Regina era gravida e al Re gli toccò a andare alla guerra e lassarla sola nel palazzo; ma lui, prima di partire, la raccomandò a tutti e alle sorelle, che gliela tenessin bene e l'ubbidisseno ne' su' comandamenti, e che poi scrivesseno al campo quando lei partoriva. Difatto la Regina, quando fa il su' mese, partorì du' be' bambini colla collana d'oro al collo e una bambina colla stella luccichente in sul capo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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