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      Dunque eccoti che si trattennero forse un altro mese quaggiù da Sua Maestà. Poi gli dice la gattina: - «Sa bene» - gli dice - «il su' genero gli è un Re anche lui. È un pezzo che manchiamo dal nostro posto; e quando non c'è il Re, i sudditi han sempre da dire[8].» - Risponde Maestà: - «Hai ragione, poerina; e così è di me, sai? Nella settimana partirete... partiremo, perchè vengo anch'ioad accompagnarla la mia figliola.» - Maestà va nel suo quartiere; rimangono la gatta e il ragazzo soli. - «Ma dimmi un po', indove la vuoi tu condurre questa sposa? nella cantina?» - la gli dice questo giovane, gua'. Lei gli dice: - «Chètati, sennò ti graffio. Te, non ci devi pensare.» - Quando gli è il giorno di partire, la gattina batte la bacchetta magica e gli viene tutte queste belle strade, tutte palazzi e ville. Maestà chiedeva: - «Di chi sono tutte queste ville?» - Le genti dicevano: - «Di Re Messèmi-gli-becca-'l-fumo.» - Eccoti partono con le carrozze tutte a otto e dieci cavalli; e lei si mette a cavallo vestita da fantino, la gattina. Gli sposi col padre entrano in carrozza e via. E per quante strade di lì fin che fossero al posto, tutti replicavano: - «Ma di chi sono queste ville?» - ed essa rispondeva: - «Del Re Messèmi-gli-becca-'l-fumo.» - E tutte le genti che si domandava, sempre ripetevano così. Arrivarono al palazzo. Da quanto era bello questo palazzo! l'architettura, tutte le mura, tutte pietre preziose. Principiando dalle scale, tappeti, lumiere, una cosa che sorprendeva. E servitori!


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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