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      Et entrati dentro, onorevolmente alloggiarono. Era di quel luogo castellano il signor Valentino, valoroso soldato, il quale poco avanti era uscito dal castello per condurre a casa la moglie che nuovamente aveva presa; e per sua sciagura, prima che giungesse al luogo della diletta moglie, gli sopraggiunse per la strada un così fiero e miserabile accidente, per lo quale immantinente se ne morì. E Costantino Fortunato del castello rimase signore. Non passò gran spazio di tempo, che Morando,
      Re di Boemia, morì; ed il popolo gridò per suo Re Costantino Fortunato, per esser marito di Elisetta figliuola del morto Re, a cui per debito di successione aspettava il Reame. Et a questo modo Costantino di povero e mendico, signore e Re rimase, e con la sua Elisetta gran tempo visse, lasciando di lei figliuoli successori nel Regno
     
      [2] Questo si ha a, si pronunzia veramente dal volgo contraendo le due a che s'incontrano, in modo che potrebbe figurarsi così: s'hâ. Onde spesso equivoci. Il Marchese M.*********, milanese, sentendosi domandare da un notajo fiorentino: S'ha a scrivere? ed intendendo: Sa scrivere? rispose meravigliato: Ma! un pochino! almeno ho imparato da ragazzo e fino ad iersera me ne ricordavo.
     
      [3] Non sappiamo se fosse una maghera micia allampanata e strutta od un bel pelliccione. Vattel'a pésca. «Le donne, quando vedono un bel gatto, grande e grosso, lo chiamano un bel pelliccione, cioè: che ha una bella pelle o pelliccia.» - Ann. al Malm. Cant. IX, St. XXI. Di gatte così affezionate all'uomo ne troviamo una appo il Guicciardini: - «Una gatta inamorata d'uno fanciullo, supplicò Venere che la volesse in donna trasformare.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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