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      Quando le son bell'e preparate, le vanno via con suo padre, le vanno alla festa. Quando le sono ite via, la Cenerentola va dall'uccellino: - Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so'.» - La viene tutta colore del cielo, proprio dell'aria del cielo; tutte le comete; le stelle, la luna nel vestito, e il sole in mezzo alla fronte. Entra nella festa: chi la poteva guardare! solamente pel sole, gua', bassavan gli occhi, accecavan tutti.[4] Eccoti Maestà si mette a ballare, ma non poteva guardarla, perchè l'accecava: ballava, ma guardare non poteva. Di già aveva dato ordine Maestà ai servitori che stessero attenti, pena la morte: non andassero a piedi, montassero a cavallo quella sera. Eccoti, quando ella ha ballato anche più delle altre sere, la si mette accanto a suo padre codesta sera; tira fori il suo fazzoletto e gli cade una tabacchiera d'oro piena di zecchini d'oro. - «Signora, Le è caduta questa tabacchiera.» - «Prendetela per voi!» - Figuratevi quest'omo, l'apre e la vede tutta piena di zecchini: che contentezza! Quando la s'è trattenuta, la va via come l'altra sera e la va verso la casa. I servitori via a cavallo, lesti; stavano discosti dalla carrozza, ma col cavallo si pena poco. Ella s'avvede di non aver preparato nulla da gittare; non aveva nulla stasera: - «Oh!» - dice - «come ho a fare?» - Ma non poteva buttar nulla, perchè non aveva nulla. Lesta la smonta e gli cade una pianella nel far presto. I servitori la raccattano; prendono il numero dell'uscio; e vengon via.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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