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      Badate a dire la verità, veh! Perchè Maestà lo vole: pena la morte!» - «Signori, ce n'è un'altra, ma non lo dico neppure. Gli è tutta nella cenere, nel carbone, se vedeste! Io non la chiamo nemmen figliola per vergogna.» - «Nojaltri non siamo venuti nè per bellezza, nè per abbigliatura: si vol vedere la ragazza!» - Eccoti, le sorelle chiamano: - «Ce-ne-reen-to-laa!» - ma urla, urla! Ma lei non rispondeva. Dopo un pezzo: - «Che v'è egli?» - la risponde. - «Bisogna che tu venga giù! c'è de' signori che ti vogliono vedere.» - «Io non vo' venire, io.» - «Ma bisogna che tu venga, ti pare?» - dice. - «Sì, ditegli che or'ora vengo.» - La và dall'uccellino: - «Ah Uccellin Verdeliò, fammi più bella ch'io non so'.» - La vien vestita come l'ultima sera, col sole, con la luna e con le stelle, e l'aveva per dippiù tutte catene d'oro, ma grosse! messe così. Dice l'uccellino: - «Portami via, sai? mettimi in seno, via, sai?» - Si mette l'uccellino in seno e principia a scender le scale. - «La sentono?» - dice il padre - «la sentono? La si strascica la catena del cammino. Si figurino che orrenda cosa che sarà quella!» - Eccoti quelli, quando è l'ultimo scalo, la veggono apparire. - «Ah!» - riconoscono la signora dell'altra sera. Il padre, le sorelle, figuratevi che affanno che fu quello! La fanno mettere a sedere, la gli provano la pianella, eh! l'era sua, la gli stava! La fanno montare in carrozza e la portano a Sua Maestà. E riconosce la signora di queste sere. E figuratevi, innamorato com'egli era, gli dice: - «Assolutamente, voi siete la mia sposa.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestà Uccellin Verdeliò Sua Maestà