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      » - E gli mettono il più bel vestito, il più bel cappello, perchè trovano che non è superba. - «Oh senti, piccina: tieni, questo è lo staccio. Quando tu esci, fòri dell'uscio, tu sentirai fare: irrhahn! irrhahn! Non ti voltare, sai? Quando tu senti fare: chicchericù!, vòltati allora.» - Eccoti la bambina: - «Grazie, grazie! Addio!» - «Addio.» - La ragazza vien via. Quando l'è all'uscio, sente ragghiare: - «Irrhahn! irrhahn!» - Uhm! la non si volta. Quando la sente fare: - «Chicchericù!» - la si volta e gli viene una stella nel mezzo della testa. Figuratevi che,
      se era bella, vestita in quella maniera e con quella stella in testa, non si pol dire che bellezza che era codesta! E picchia dalla sua madrigna. La matrigna si affaccia e vede, ahn! quella bella ragazza, e la prende quello staccio: - «Che t'ha ella detto la fata? e che hai tu qui?» - e la gli graffiava la stella. Più che gnene graffiava e più grande la veniva quella stella e più bella: lo credo, eh! Ah, questa donna, disperata dalla rabbia! perchè: - «Il Re» - dice - «ora la piglia davvero!» - Che ti fa? la mattina, dopo che l'ebbero fatto quel che l'avevan da fare, la vi manda la sua delle figliole a portar lo staccio. - «Così» - la penda - «la diverrà bella anche la mia.» - «Sai» - dice - «Domani, quando tu avrai fatto quel che tu hai da fare, ci anderai te a riportare lo staccio.» - «Sì, mamma» - risponde - «ci anderò io.» - Eccoti la mattina, quando l'ha fatto quel che ha da fare, la si veste e la va via con lo staccio.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708