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      » - Ed ecco la brutta all'uscio delle Fate; e agguanta in mano il picchiotto e dàgli, giù senza garbo, da scassinare le imposte. Dissero le Fate di dentro: - «Metti un dito nel buco della chiave ed apri.» - E la brutta caccia il dito nel buco; e quelle zìffete! e glielo stroncano. L'uscio si spalancò e la brutta, tutta rabbiosa, saltando in casa e gettato per terra lo staccio, si fece ad urlare: - «Questo è il vostro staccio, maledette!» - Poi visti i gatti al lavoro, disse: - «Oh! buffi questi gattacci! o che mesticciate voi, mammalucchi?» - E preso a loro gli arnesi, a chi bucò le zampe cogli aghi, a chi le tuffò nell'acqua bollente, a chi dette su per le costole la granata e i fusi. Ne successe un tafferuglio; e i gatti a scappare di qua e di là, berciando pel dolore; sicchè al chiasso comparve il gatto Mammone; e i gatti strillando a modo loro gli raccontarono quel che avevano patito dalla brutta. Serio serio disse il gatto Mammone: - «Ragazzina, dovete aver fame: volete pan nero e cipolla, o pan bianco e cacio?» - E la brutta: - «Guarda che bella creanza! Se venissi a casa mia non vi darè' mica pan nero e cipolle e non vi stroncherei le dita. Voglio pan bianco e cacio.» - Ma, se volle mangiare, bisognò che si contentasse di pan nero e cipolla, perchè non gli portarono altro. Allora il gatto Mammone disse: - «Andiamo via, ragazzina, vi si regalerà anche voi di vestito e d'altro. Salite di sopra, ma badate alla scala, che è di cristallo.» - La brutta però non se n'addiede dell'avvertimento, e salì alla sgraziata la scala cogli zoccoli in piedi, per cui la fracassò da cima a fondo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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