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      La picchia, la sale, la prende la scatola e la scappa via. La fata che sente serrar l'uscio, la s'affaccia alla finestra e vede la bambina che scappa via. - «O fornaja, che spazzate il forno con le mani, tenetemela, tenetemela.» - «Se fossi minchiona! Dopo tanti anni, che fatico, la mi ha dato i cenci e la spazzola! Passa, poerina, vai, vai!» - «O ciabattino, che cucite con la barba e vi strappate i capelli, tenetemela, tenetemela!» - «O io sì, che sarò un minchione! Dopo tant'anni, ch'io fatico, la mi ha portato tutto il necessario. Vai, vai, poerina.» - «O cani che vi mordete tanto, tenetemela, tenetemela!» - «O noi sì, che saremo minchioni! La ci ha dato un pane per uno! Vai, vai, poerina!» - «O porte, che vi battete tanto, tenetemela, tenetemela!» - «Oh noi sì, che saremo minchione! La ci ha unte da capo a piedi! Vai, vai poerina.» - E la fanno passare.[4] Quando l'è libera, la dice: - «Che ci sarà egli in questa scatola?» - La trova una piazza, la si mette a sedere e apre la scatola. Esce fori persone, persone, persone, persone: gli escono da questa scatola; che cantavano, che sonavano, tutte. Figuratevi la disperazione di questa bambina. Lei le voleva rimettere in questa scatola: ne prendeva una e ne scappava dieci. La si mette a piangere, potete credere! Eccoti Memè. - «Briccona, l'hai visto quel che t'hai fatto?» - «Oh! voleva vedere...» - «Eh» - dice Memè, - «ora non c'è rimedio. Se tu mi dài un bacio, io ti rimedio.» - «Meglio dalle fate esser mangiata, che da un omo esser baciata.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Memè Memè