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      Sopra le fate è quel Demogorgone
      (Non so se mai l'udiste nominare)
      E giudica fra loro, e tien ragione,
      E ciò che piace a lui può d'esse fare.
      La notte scura cavalca un montone:
      Travalca le montagne e passa 'l mare:
      Con un flagel di serpi fatto, batteLe fate e streghe che diventan gatte.
     
      Se la mattina le trova pel mondo
      (Perchè il giorno non posson comparire),
      Le batte con un certo cotal tondo,
      Che le vorrebbon volentier morire.
      Or nel mar le incatena, e ben nel fondo;
      Or sopra 'l vento scalze le fa ire;
      Ed or pel foco dietro a sè le mena:
      A chi dà questa, a chi quell'altra pena.
     
      Vedi Stigliani, Occhiale, alla Stanza CCXXXII del XII Canto dell'Adone; e quel che Messer Fagiano risponde in proposito.
     
      [4] Cf. De Gubernatis, Le Novelline di Santo Stefano di Calcinaja. II. La comprata.
     
      [5] Cf. l'ultimo tratto con la favola di Meleagro e l'episodio della morte di Creonta nel XXI del Morgante.
     
     
     
      XVII.
     
      IL RE AVARO.[1]
     
      C'era una volta un Re avaro. E da quanto era avaro, aveva sola una figlia e la teneva su nelle soffitte, perchè nessun la vedesse. Era avaro e non voleva dar la dote. Viene un assassino a Firenze, e per l'appunto di faccia all'osteria dove si fermò, stava questo Re. Cominciò ad interrogare: - «Chi c'è?» - «C'è un Re, così e così; avaro, che tien la figliola nelle soffitte.» - Che ti fa questo assassino? La notte, quando gli è verso le dodici, va su' tetti alla finestrina, dove l'aveva la camera della principessa, e l'apre. Questa ragazza la cominciò a urlare: - «A il ladro! a il ladro!» - Corre la servitù e vede la finestra serrata, perchè lui, l'assassino, la riserra.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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