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      La Bella Ostessina, che già più non pensava al risico trascorso, scese, comprò le focacce e, rimontata in camera, le mangiò tutte; se non che di lì a poco cadette morta in terra. Rieccoti la vecchia Fata, e picchia e ripicchia, e nessuno gli apre: dato un calcio all'uscio, lo spalanca; e, giunta in camera, trova l'Ostessina stecchita. Alla vecchia gli girò il boccino; e quasi quasi voleva tenere la promessa fatta alla ragazza di lasciarla morta; ma poi, il buon core gli parlò meglio e la rinvivì. Quando la vedde in piedi, gli disse con faccia seria: - «Senti bene, e ti giuro che la mia parola la custodirò: se ti avviene un'altra volta un simil fatto, per me ti lascio stare e alla vita tu non ci ritorni.» - L'Ostessina gli disse che aveva ragione, e che da ora in là baderebbe di non ricadere in quelli sbagli. Accadde, che di lì a pochi giorni venne a cacciare per la selva il Re di una città vicina; e passando dal palazzo della Fata, vedde l'Ostessina alla finestra e se ne innamorò. Lui seguitando per varie volte quelle passeggiate e quelle occhiatine, anche l'Ostessina si sentiva tirata verso il Re; nulla di meno, siccome il Re non gli aveva detto niente, nè mandato ambasciate, così non sapeva quel che sarebbe nato. Intanto la Strolaga era ritornata dalla Bell'Ostessa, informandola come la figliola sua viveva sempre e come un Re se n'era invaghito. L'Ostessa, incaponita di riuscire nell'ammazzamento della figliola, sapendola alquanto ambiziosa e credenzona, macchinò di giungere a quell'intento con un novo inganno.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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