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      Rimessi un po' in calma, il Re s'avvicinò al catafalco, ed ebbe quasi a svenirsi, nella morta riconoscendo l'Ostessina tanto ricercata. Diè in disperazioni, e il servitore pensò bene di tirarlo via di là. Ma prima volle prendere un ricordo della giovane, e a quest'effetto gli levò un anello gemmato da un dito; se non che dal terrore gli si rizzarono i capelli in capo, giacchè appena cavato fuori l'anello la giovane morta mosse la mano. A quella veduta il Re disse: - «Quì c'è qualche incanto, e la ragazza non è morta. Proviamo a spogliarla.» - Detto fatto, la misero nuda come dio la creò. E a mala pena nuda l'Ostessina si stirava e sbadigliava, come se svegliata da un lungo sonno; e finalmente, aperti gli occhi, nello scorgersi in quello stato in faccia a due òmini, stava fra l'ingrullita e la vergognosa e cercava scappare e nascondersi. Avendola non pertanto il Re assicurata che nulla aveva da temere e raccontatogli in brevi parole l'accaduto, l'Ostessina si rinfrancò, e fattasi menare nella camera sua del palazzo, coi vestiti che ci erano sempre, in un momento acconciossi a garbo. A non andar per le lunghe, il Re e l'Ostessina, innamorati com'erano, si sposarono e vissero lì in quel palazzo da due o tre anni, senza che di nulla mancassero; anzi il matrimonio loro fu così felice, che ne nacquero due be' figlioli maschi. Frattanto la madre del Re, che dal giorno della partenza non aveva più nulla saputo del figliolo, ne faceva fare continua ricerca; ma indarno, e oramai credeva che fosse morto, e però aveasi rimesso l'animo in pace.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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