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      Ch'ella non muora, ma faccia altri vivere?
      Ergasto.
      Sei pazzo. Lascia pur gli scherzi e secaleTosto le canne de la gola e portami
      Il coltel tinto del suo sangue, e servimi,
      Chè questo è il gran servigio ch'io desidero.
     
      Ergasto muove la Filovevia ad accompagnar Melibeo, dicendole che gli abbisogna un'erba, la quale, colta da una vergine, muove ogni Ninfa ad amar quei che la porta addosso; così sarà amato dalla Dieromena. La Filovevia ha la dabbenaggine di consentire a procacciargli ciò, che deve servir contro di lei; e s'incammina col caprajo.
     
      Filovevia.
      Quanto siam lungi dal loco ove nasconoL'erbe?
      Melibeo.
      Or or vi sarem.
      Filovevia.
      Dove mi meni tu?
      Che vie son queste selvagge, difficiliEt erme, dove non appar vestigio
      Di piede umano? Non mi basta l'animoDi poter più tornar fuor.
      Melibeo.
      Sarà augurioIl tuo.
      Filovevia.
      Che dici?
      Melibeo.
     
      Io dico, che 'l mio animo
      È come il tuo; pur, se vogliamo coglierle,
      Bisogna andar dov'elle si ritrovano.
      Filovevia.
      Dunque la maga v'ha detto certissimo,
      Che quell'erbe faran che Dieromena,
      Ami Ergasto?
      Melibeo.
      Giurato anco per Ecate.
      Filovevia.
      O sventurata me, che vado a cogliereLa mia morte!
      Melibeo.
      Verissimo!
      Filovevia.
      E pur forza mi
      È andar, che amor può più che morte.
      Melibeo.
      Fermati,
      Che siam dov'è quanto cerchiamo. ScingitiLa faretra e pon giù l'arco. Non possono
      Tener ferro nè legno adosso quelle, cheColgon quest'erbe.
      Filovevia.
      Ecco fatto.
      Melibeo.
      BenissimoFilovevia.
      Che vuoi far di cotesta fune?
      Melibeo.
      ProssimaSei a vederlo.
      Filovevia.
      Ah traditor! che imaginiDi far? A chi dich'io?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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