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      L'accende un lume e va alla stanza mortuaria a vedè' le sue sorelle. Piangeva: - «Poerine! se potesse vederci nostro padre!» - Piangeva; e mentre piange, sente fare: - «Uhuh! Uhuh! Uhuh!» - un rammarichìo. Lei crede che sien le sorelle, che si lamentano; tira fori tutti i morti, e tira fori un figliolo del Re, che era ferito, ma non era morto. La lo tira fuori, la lo mette sopra un materasso, con i balsami la gli medica le ferite; e poi, la gli fa delle gelatine, dei brodi, e lì per lì. La rimette tutti i morti adagio dentro la stanza; e poi, trascina il malato adagio adagio e lo mette in una stanza in disparte, che nessuno poteva trovar questo ferito, che lei l'aveva girata la casa e sapeva quel che si faceva. La gli medica le ferite, la gli prepara quel brodo e poi la si mette alla corda.[3] Eccoti, gli assassini picchiano. Lei lesta la tira la corda: - «Ah brava!» - Chi la pigliava di lì, chi di là, regali! - «Voi siete brava! Vedete, quando siete brava, noi come si tratta?» - «Ma sicuro! Non si prendono gl'impegni piuttosto!....» - Lei, la mangia tutt'allegra. - «Ma» - dice il capo-assassino - «fra qualche giorno noi partiremo e si starà anche da venti giorni fòri.» - «Quanto mi rincresce!» - dice: - «Son sempre sola!» - «Eh, ma non pensate! Quando si torna, si starà anche un mese con voi!» - E così loro vanno via; e lei la corre subito da il figlio del Re: e lo trova, che stava veramente benino, ecco. Dopo due tre giorni, dice il Re: - «Morti per morti, qui bisogna scappare.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Eccoti