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      Que' meschini pensavano di fare quel, che gli aveva detto la vecchina grinzosa, quando eccoti l'Orco: e l'uccellino a cantare e scotere la gabbia; e il cavallo a nitrire e a saltare tentennando la sonagliera. L'Orco, insospettito, tanto più che aveva naso fine, si diè a fiutare quà e là, borbottando fra le zanne:
     
      - «Mucci, mucci!
      «Sento puzzo di cristianucci:
      «O ce n'è, o ce n'è stati,
      «O ce n'è de' rimpiattati.» -
     
      Poi, rivoltosi alla moglie, disse: - «Moglie, c'è carne umana, non è vero? Dove l'ha' tu riposta?» - E l'Orchessa, facendo l'indiana: - «Ma che? Stasera tu ha' bevuto, marito, tu ha' i frazî nel naso. Va' vai a letto.» - L'Orco non era punto persuaso e storse il grugno alle parole dell'Orchessa. Stette in fra le due e poi disse: - «Sono stracco e non vo' mettermi in sul ricercare adesso. Domani poi frugherò bene la casa; e, se trovo carne umana, mi servirà per colazione.» - L'Orco se n'andiede a letto e di lì a un po' russava da sentirlo un miglio lontano. Pian pianino si alzarono il figliolo del Re delle Pomarance e Zelinda; e, gettate le focacce al cavallo e i confetti all'uccellino, perchè stessero zitti, col cotone tapparono tutti i sonaglioli della gabbia e del cavallo. Poi, senza pensare ad altro, vogliolosi com'erano di scappare, aperta la porta non senza fatica e agguantata la gabbia, via a corsa per la selva. Quando la gabbia fu fori della soglia della porta, l'Orco si svegliò con una scossa e urlò: - «Mi portan via la vita» - e, saltato il letto, corse dietro a' fuggiaschi.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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