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      E, siccome aveva le gambe lunghe e l'odorato bono, presto li raggiunse; sicchè quelli impauriti abbandonarono la gabbia. L'Orco allora si contentò di ripigliare la gabbia e si sentì ritornare le forze, che cominciavano a scemargli; e, rinvenuto alla spelonca, la serrò con gran cura. Intanto i fuggiaschi s'eran messi a sedere ansimando per la corsa fatta. Ed eccoti la solita vecchia grinzosa, tra il losco e il brusco, gli riapparì e gli disse: - «Oh matterelli, che non avete saputo fare l'interesse vostro! Se l'Orco era morto, tutti i suoi tesori (e sono di molti) diventavano cosa vostra. Andiamo! ritornate stasera dall'Orco e fate quel, che non avete fatto.» - Que' due si sentivano poco vogliosi di ritentare la prova. Ma la vecchina gliene disse tante, che alla sera ripicchiarono alla porta della spelonca; e, dopo le solite cerimonie dell'Orchessa, che non gli riconobbe per que' della sera prima, gli entraron dentro. Ma, per tornare un passo addietro, bisogna sapere, che la vecchina aveva dato al figliolo del Re delle Pomarance una boccettina, dove stava racchiuso un liquore, che, odorato da chi la teneva in mano, rendeva ottuso il naso dell'Orco. Messi nel solito posto i due sposi, sentirono tornar l'Orco, che fiutava e borbottava la medesima canzone di prima; poi disse alla moglie: - «Questa volta, moglie, non sarò tanto mammalucco. Dammi un lume. Vo' cercare bene prima di andare a letto. E, se c'è cristiani, me li pappo in due bocconi.» - Gira e rigira, l'Orco venne alla stalla; ma il giovane annusò la boccetta, sicchè l'Orco perdette la bussola; e, non iscoprendo nulla, credette meglio andare a letto.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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