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      In mezzo della qual sorge un uiuo fonte, de uirtù miranda, perchè qualunque di quella limpida e chiara onde beue, conosce, sa e intende ciò, che tacitamente le pietre parlano, li metalli, le herbe, gli arbori e tutti li animali. Vacillaua per il primo nostra mente; poi, fatti usi, prendeuamo piacere. Iui se odiuano tutte quelle cose, che fanno de una in un altra effigie trasmutare: di uecchi gioueni, belli e uigorosi: de poueri, ricchi: de infelici, fortunati: de matti, temprati: de ignari, sapienti: de pigri, ueloci e liggieri: de uili e sietti signori nominati: de muti, eloquenti: de sterili, fecundi: de brutti, belli; e simile marauiglie, con soaue e diletteuol melodia.
      Desio. O felice peregrino, che anchora serui tanto accortamente la memoria de tutte queste cose, non te rincresca memorar qualche bel detto.
      Piacevolezza. Volentieri, aponto de questa pietra, che ho qui meco, dentro la scarsella, qual notte e giorno simil uersi canta:
     
      Io fo passar l'huomo invisibileEt d'ogni nocumento il do securo.
      Con mente allegra e corpo impassibile.
     
      Dall'hora in qua intendemo il uoler del drago e esso il nostro anchora.
      Desio. Recogliesti uoi de tante degne cose?
      Piacevolezza. De tutte. E poi fessemo partita. Così, in pochi giorni, discorrendo e con il uolo, conuenimo nel Regno della infirmità. Questo è amplo e spatioso tanto, che non basteria una età caminarlo; con alte montagne, cauerne, vore, e precipitij infiniti, e sopra tutti quelli, stan signori proprij, sudditi alla potente Regina, per recogliere la seme delle lesione, molestie e impedimenti, alli corpi animati.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Regno Regina