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      Hor in tal maniera da parte in parte per l'aere uagando, ostacoli parati troua, guerra continua, e pugna; che non manca iui gli affanni, e le gran fatiche; iui abbondan li sudori sanguinolenti; iui la morte ogni ora era palese. Finalmente, retornati in noi, con le herbe, con li metalli e con le gemme anchora, mitigamo li obstaculi e quel antiquo drago; e per la uirtù intrinseca, che non manca, se fessemo conoscere, et esso conoscemo noi. Per la qual cosa, de terore in piacer tutti reuolti, tornamo in giù, e te primo che altro ho qui ueduto.
     
     
     
      XXVIII.
     
      IL MAGO DALLE SETTE TESTE[1].
     
      C'era una volta un omo pescatore, il quale aveva una moglie sterile, abbene che fosse a lei da molto tempo marito. Un bel giorno, il pescatore colle sue reti se n'andò a pescare nel lago vicino. E gli venne fatto di chiappare un pesce di gran bellezza e grossezza; che, subito messo fuori dell'acqua, si diede in tono pignucoloso a raccomandarsi a quell'omo, che lo lasciasse andar via, promettendo insegnargli uno stagno lì vicino, dove lui avrebbe potuto in un momento fare una ricca pescagione[2]. Rimase il pescatore mezzo imvecille e impaurito, nel sentire un pesce a parlare; e gli parve sì gran miracolo, che, senza frapporre indugio, gli ridiede la libertà. Poi andò allo stagno insegnatogli dal pesce e ci ricavò in due o tre buttate di rete una smensa quantità di bonissima pescagione. Col carico addosso191, il pescatore, ritornato a casa, fece vedere alla donna la preda insolita e gli raccontò quel, che gli era intravenuto.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708