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      Lo scompiglio e il trambustìo tra i convitati non si può neanche raccontare, tanto fu smenso. Dopo otto giorni, si venne al secondo banchetto. Il giovane disse al cane: - «To', corri: fa' lo stesso come l'altra volta.» - Quando la Principessa rivedde il cane, si rallegrò di molto. Ma il ciabattino se ne indispettì; e voleva assoluto, che il cane fosse preso e scacciato a suon di legnate. La Principessa però lo difendeva così, che il ciabattino non ardì fargli forma, abbene che stesse di mal'animo. Portata la zuppa, il cane, lesto, addenta la tovaglia, butta sottosopra ogni cosa, e fugge ratto più del vento. Le guardie e i servitori gli si sfilano dietro; ma fu inutile, perchè non poterono raggiungerlo. Al terzo banchetto, il giovane disse al cane: - «To', corri: fa' lo stesso dell'altre volte. Ma questa, lasciati pigliare all'uscio di camera mia.» - Di fatto, il cane eseguì gli ordini a puntino; sicchè le guardie, giunte alla camera del giovane e chiappato il cane, sentito che era suo, anche lui lo arrestarono e lo condussero davanti al Re. Il Re a vederlo lo riconobbe, e gli disse: - «Non se' tu quello, che ti profferisti salvare la mia figliola dalle branche del Mago?» - «Sì, son'io» - riprese il giovane, - «e la salvai ed è mia sposa.» - Ma il ciabattino, alzando la voce, cominciò a urlare: - «Non è vero, non è vero! I segni dell'ammazzamento son'io, che gli ho portati al Re; e son'io, che ho morto il Mago.» - Allora il giovane, senza sturbarsi, rivolto al Re, disse: - «Ebbene! si portino qui le sette teste mozzate dal Mago, e si vedrà chi ha ragione.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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