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      Sicchè, prese le armi ed il cane, s'avviò alla selva. Quando fu lì, ammazzò di molti uccelli. Ma, tutt'a un tratto, s'alza il temporale. Sicchè smarritosi, gira e rigira, capitò nella grotta; e, guardate le statue, ci riconobbe subito anche i proprî fratelli. Disse fra sè: - «Qui c'è qualche inganno; ma starò a occhi aperti.» - Accese il foco per rasciugarsi e per cocere gli uccelli; ed eccoti la medesima vecchierella, che, accostandosi, gli chiese di lasciarla scaldarsi. Il giovane la sbirciò di traverso; e con mal garbo gli disse: - «Va 'n là! accanto a me non ti ci voglio.» - La vecchierella parve sconcertata a quest'accoglienza: e soggiunse frignando: - «Quanta poca carità avete! pure io vi offerirò di che meglio cenare. Eccovi del sale per gli uccelli arrostiti, del pane pel cane e della sugna per ungere le armi.» - «Eh! vecchia strega,» - urlò il giovane, - «me, tu non mi cucchi!» - E, saltatogli addosso, la buttò in terra e ce la tenne con un ginocchio sul ventre. Poi gli serrò la gola colla mancina, tirò fori la scimitarra e, accostategliela al collo, disse: - «Stregaccia infame! o tu mi rendi i miei fratelli o ti cavo l'anima senza misericordia.» - La vecchierella protestava, che nulla di male aveva fatto; ma, vedendo che il giovane non si commoveva e che stava lì lì per segargli la gola, piena di paura, promesse, che avrebbe obbedito a quel, che il giovane gli comandava. E, frugatasi in tasca, cavò un vaso di ungento, perchè ne ugnesse le statue, assicurandogli, che a quel modo sarebbero tornati tutti in vita.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708