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      A que' medesimi tempi, campava una povera donna pigionacola in un borgo; e il su' marito gli era morto da un pezzo; e lei era rimasa vedova con du' figlioli, un mastio più grandino e una bambina doppo lui; e il mastio lo chiamavano Gianni. Dice un giorno la su' mamma a Gianni: - «Se tu andessi a cercare un po' di pane, bambino! è tanto che non si mangia! Qualcuno forse tu lo trovi, che ti faccia un po' di carità per l'amor di dio.» - Gianni dunque si messe a girandolare per que' luoghi, ma non potiede raccapezzare da nissuno manco una briciola di pane. Che volete! con quella carestia, ognuno n'aveva di catti a tienerselo per sè. Sicchè Gianni, stracco morto e allaccato tra la fatica e la fame, si buttò giù a diacere al sole sulle sponde d'una fossettina, dove ci correva della bell'acqua chiara. E, nell'esser lì, tutt'a un tratto vedde un pesciolino, che navicava; e pareva, che fosse d'argento. Lui pensò subbito d'acchiapparlo e portarlo a casa alla su' mamma, perchè lei almanco lo mangiasse. E piano piano, sceso dentro il fosso, gli riuscì serrare il Pesciolino tra le mani. Ma il Pesciolino principiò a discorrere e a raccomandarsi a Gianni di lassarlo libero, e che l'avrebbe ricompensato della su' bona azione. Gianni, in nel sentire quell'animale, che parlava, s'impaurì e spalancò le dita, e rimase lì mezzo grullo in sospetto di qualche gastigo. Il Pesciolino però gli disse: - «Non aver temenza, chè del male non te ne voglio fare, sai. Oh! perchè mi volevi mangiare?» - Dice Gianni: - «No' siamo tanto affamati a casa e non s'ha pane: ogni cosa è bona in tempo di carestia.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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