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      Ma sarebbe più bono tavia con del cacio e con un po' di vino per mandar giù meglio ogni cosa.» - Dice Gianni: - «Lassatemi ritornare dallo zio e il cacio e il vino vo' l'avrete.» - Insomma, per non farla tanto stucca, bastava, che Gianni andesse dal su' Pesciolino e gli chiedessi della robba, che tutto quel, che voleva, lui l'aveva; e, quando viense il freddo di verno, Gianni portò a casa una pezza di lendinella per fare il vestito alla mamma e alla sorella, e un'altra di panno per sè, chè erano prima quasi gnudi e battevano le gazzette. Ora gli accadè, che un giorno, Gianni era dientro a un bosco a cercare di legne, e s'accostò a un palazzo e ci vedde al balcone la figliola del Re; una bellezza da levar gli occhi a guardarla soltanto. Pensò Gianni: - «Se fosse mia! Ma com'è possibile ch'i' possa sposare una figliola di Re, io meschino accosì?» - E stava lì sotto al balcone a strolagare. Ma quella ragazza non ci badò a lui più che tanto. Figuratevi, se una Principessa a quel mo' voleva badare a un poero straccione di per le strade! A un tratto Gianni scrama: - «Che tu possa fare un figliol mastio per virtù del mi' Pesciolino!» - e se ne va diviato a casa. Le parole di Gianni non cascorno invano; perchè la figliola del Re si cominciò a sentir male. Subbito chiamano i dottori a visitarla. E, doppo averla tastata chi di qua e chi di là, gli dissano: - «È gravida.» - Nascette un buggianchio in tutta la corte, perchè la Principessa giurava, che lei non aveva dato retta a nissuno e che era innocente.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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