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      L'anno dunque arrivò e i bandi furono appiccicati alle cantonate del Regno; sicchè anco Gianni ci volse ritornare al palazzo. Ma prima andiede al fosso del Pesciolino e lo chiamò come lui gli aveva insegnato:
     
      - «Pesciolino, mi' amante,
      Saresti a me costante?
      Mi faresti la carità?» -
     
      Dice il Pesciolino: - «Che vo' tu, Gianni?» - Dice lui: - «Voglio diventare un gran signore, con di be' vestiti, de' cavalli, la carrozza e i servitori, cucchieri e cacciatore, tutti colla livrea.» - Dice il Pesciolino: - «Per farne che di tutta questa robba?» - E Gianni allora gli raccontò quel, che gli era intravenuto colla figliola del Re; e che lui l'aveva ingravidata per virtù del su' amante Pesciolino; e in somma gli scoperse ogni cosa. Dice il Pesciolino: - «Vai, mi' Gianni, che tu sie' esaudito.» - Il giorno dell'adunanza, dunque, ci venne anco Gianni con un traino alla reale, che non ce n'era altri de' compagni. E nissuno potiede raccapezzare chi fosse quel gran signore e di che paese del Regno; ma in ogni mo' lo lassorno ascendere in fino in sala. E lui si messe a siedere assieme cogl'invitati. E, quando cominciorno le prove per iscoprire il babbo del figliolo della Principessa, questo, senza manco pencolare, portò la palla d'oro nelle mani di Gianni. Dice il Re: - «Dunque siete voi quello, che ha 'mpregnato la Principessa mi' figliola.» - Arrispose Gianni: - «Al parere è accosì, Maestà.» - La figliola del Re però non stiede zitta; e cominciò a urlare, che non era vero, che lei non lo cognosceva quel signore prutenzionoso e che lei non lo voleva per isposo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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