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      - «Ditemi, bel giovane» - fa i' Re - «come vi chiamate?» - «Eh Maestà, mi chiamo Bella-Gioja.» - «Oh non me lo dite, non me lo dite, non me lo rammentate neppure questo nome! Oh Bella-Gioja! Aveva una figlia, che si chiamava Bella-Gioja. Mi nacque una figlia sur i' destino, che doveva esser portata via da i' vento; e i' nome si chiamava Bella-Gioja. E i' vento se la rapì. Non so, poerina, se è viva o morta. Io non lo so!» - E dà in un rotto di pianto. Bella-Gioja, che te lo vede piangere fortemente, dice: - «Eh Maestà, non si disperi tanto; perchè, Sua figlia, La fa conto d'averla avanti ai suoi propri occhi.» - Dicono, tanto i' padre che la madre: - «Come? quella, che è mia figlia?» - «Sì,» - gli fa Bella-Gioja, - «che è Sua figlia.» - Si rizzano tutti e due e gli s'avventano a i' collo a sua figlia, a baciarla tutti e due dell'allegrezza. - «Ah, poera mia figlia, come t'è andata, figlia mia?» - «Che vuole, signora madre! il vento mi straportò su i' tetto d'una fata, che era madre d'i' mio liberatore, che è qui. Carissima madre, quella che mi faceva fare! Cose innumerabili, che non poteva esser capace neppure a smovermi di quì a lì[9]. La prima volta, la mattina, mi menò in una stanza, che era piena di tutte le civaje, che le doveva scegliere: i fagioli coll'occhio da sè; i fagioli bianchi da sè; i' granturco da sè... Quando Le dico, tutte le civaje. Bella-Gioja qui, i' mio legittimo sposo, che dev'essere...» - «Si, figlia mia, dev'essere i' tuo legittimo sposo...» - «Che, se non era lui, io non faceva niente.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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