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      È l'ultima sera, che si deve liberare il tuo padrone.» - Che credo che nell'inferno non ve ne fusse rimasto neppur uno dei diavoli! Quando è lo scocco del mattutino, sparisce i demonî, e si vede tutto in carne il figlio del Re. Ferito, l'unge col balsamo. Il suo maggiordomo avea portato un vestito; l'infilza nelle braccia del suo padrone e lo copre; e subito sopr'a terra tutt'e tre[8]. Camminando, facendo, andierono a risiedere la sera dopo in una locanda, che gli apperveniva a il figlio del Re. Il locandiere, che vede che era il figlio del Re di Spagna, fa allestire ogni cosa. - «Per me,» - dice il maggiordomo - «non allestite niente. Questa stanza quì cor una tavola, tappeto, candeliere e lume e una sieda per sedere.» - Mangiano, bevono: dopo mangiato e bevuto, il Re e la Regina si ritirorno ne' suoi quartieri. Il maggiordomo, nella sua stanza, dove gli avevan fatto preparare, si mette a sedere. E si mette così pensoso a pensare a i' caso, che lui gli era intravvenuto, a stare un anno e tre giorni sottoterra, a stare insieme con il suo padrone, che gli era divenuto serpente. Nello stare così a pensare, apparisce quattro incappati; e si dicono tra loro quattro: - «Felicissima sera!» - «Felicissima sera!» - «Felicissima sera!» - e - «Felicissima sera!» - Risponde uno di questi quattro incappati: - «Ah è stato libero, eh, il figliolo del Re di Spagna dall'incantesimo di esser un serpente? E l'ha liberato la figlia di un ricchissimo mercante, tra lei e il suo maggiordomo.» - «Ma no» - risponde un altro di questi quattro incappati - «sta bene, che lui sia stato libero dall'incantesimo di essere un serpente.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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