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      » - Eh, signor cavaliere, è casa di poera gente, non abbiamo gran cosa.» - «Il contento son io, se voi siete contenta.» - «Contenta, contentissima per me.» - Accomodati i bauli in codesta stanza e tutto, rimane Leombruno e la sua signora madre soltanto, e sparisce ogni cosa: servitù, carrozza, facchini e tutto; altro che i bauli: i bauli rimane, e Leombruno insieme con la sua signora madre. In questo contrattempo eccoti il pescatore a casa. Vede questo cavaliere: - «Oh signor cavaliere!» - Si leva di cappello e tutto e lo riverisce. Dice: - «Caro pescatore, ci avete molti figli, voi?» - «Eh, caro signore, non me ne rammenti neppure! perchè di dodici figli, che io aveva, ne persi uno, che mi stava proprio a il mio core; e l'ho pianto sempre giorno e notte.» - «Come si chiamava?» - «Leombruno ai suoi comandi, signor cavaliere.» - «Oh come va?» - E gli racconta la novella il pescatore, che l'avea portato via un'aquila; che doveva averlo un serpente; e che, in quel momento d'avviticciarsi il serpente alla vita di Leombruno, apparì un'aquila, che lo straportò via: - «Che non so, poero mio Leombruno, in dove sia!» - «Ditemi, caro pescatore: se il vostro figlio lo doveste riconoscere, lo riconosceresti?» - «Eh, caro cavaliere; fusse tra tremila giovani, il mio figlio lo riconoscerei! Abbiate da sapere, signor cavaliere, che tra loro bimbi, quand'erano piccoli, facevano il chiasso tra di loro, ruzzolò una scala e si fece un sette nella testa, il poero mio Leombruno!» - Si leva il cappello Leombruno e va per rasciugarsi il sudore così, con il fazzoletto, che lui aveva in mano.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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