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      Ed entrò in zambra, e diventò donzella,
      E parve fuor del Paradiso uscisse.
      Lucevan gli occhi suoi più che la stella,
      E assomigliava il Sol, che risplendesse;
      Era vestita di molti bei panni,
      E non avea passati li dieci anni.
     
      La fanciulla, la qual ora vi dico,
      Lei si chiamava madonna Aquilina,
      Che scampò quel fanciullo dal nemico,
      Quando lo trasse fuor della Marina.
      Andò da lui, e disse: - «O bell'amico,
      Io ti auguro la buona mattina:
      Io son colei, che in alto ti portai,
      Quando da quel Corsaro ti scampai.» -
     
      E quel fanciul, con grande sentimento,
      Cortesemente esso la ringraziò,
      E dissegli: - «Madonna, io son contentoD'esser tuo servo; e sempre tal sarò.» -
      E lei rispose: - «Non pigliar spavento,
      Ch'ancora più contento ti farò.» -
      E lei dieci anni avea, ed egli sette:
      E così più d'otto anni ancora stette.
     
      Quando cresciuti furon in etate,
      Egli pareva un giglio, ella una rosa;
      Quella Madonna, piena di bontade,
      Disse: - «Il mio cor giammai non avrà posa,
      Se non adempio la mia volontade;
      Propongoti, ch'io sia la tua sposa.
      Poichè allevato t'ho, donzel gradito,
      Ora ti piaccia d'esser mio marito.» -
     
      E quel fanciullo, con buona dottrina,
      Cortesemente gli ebbe parlato,
      E gli rispose: - «Madonna Aquillina,
      Con gran fatica m'avete allevato,
      Voi mi cavaste fuor della marina,
      Ciò, ch'a voi piace, son apparecchiato.» -
      Ed il suo nome dico a ciascheduno:
      La gente sì lo chiama Liombruno.
     
      E poi sposò la donna a cotal sorte:
      Lei per sua sposa, e lui per suo marito.
      Il suo Castello era cotanto forte,
      Di ciò, che bisognava, era fornito;
      Per fin nell'aere aveva due porte,


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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