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      N.B. Questo aneddoto si narra anche diversamente. Secondo un'altra lezione, l'improvvisatore avrebbe detto:
     
      O che bel vèdere,
      Sul far del giornoVolar la grù!...
     
      E l'interuttore:
     
      Si ponga a sèdere.
      Si ride intorno:
      Non parli più.
     
      [9] Suppongo, che s'abbia a dire Romitorio oppure Eremo ovvero Romitaggio.
     
      [10] Questi leoni ricordan Cibele.
     
     
     
      XXXII.
     
      LA NOVELLA DEL SIGNOR GIOVANNI.[1]
     
      Vi racconterò la Novella del signor Giovanni da Costantinopoli, ched era un signore ricchissimo. Nell'essere a i' balcone d'i' suo terrazzo d'i' suo appartamento, vide passare una sposa con un bimbo per la mano, che l'accompagnava alla scola. - «Sposa!» - «Che comanda, signor Giovanni?» - alzò sù il capo. - «Potreste salir sù col vostro bimbo?» - «Sissignore.» - Questa, la sale sù: - «Oh, signor Giovanni, felice giorno a Lei; ben alzato. Cosa mi comanda?» - «È vostro questo bimbo?» - «Sissignore, è mio.» - «Ah! io non ho nessuno nin questo mondo! per me, sono solo, unico! Un signore come io sono, pieno di ricchezze e tutto, non ho a una mia morte da lasciare le mie ricchezze!» - Dice: - «Guardate, lo prenderei volentieri per mio figlio nel mio appartamento. Io gli metterei il maestro d'imparare le vere educazioni; se venisse ad imparare un'arte o cosa simile, gli metterei anche tutte le maestranze, gli metterei. Altro che soltanto vi darei un regalo d'un sacchetto di luigi d'oro. Non è per comprare il bimbo; padroni gli sposi di venire a far visita al vostro figlio, quando che gli pare e piace.» - «Signor Giovanni, caro signor Giovanni, bisogna che io vada a casa e gnene dica a mio marito, perchè, se mio marito è contento, io gnene porto il bimbo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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