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      » - Dice Adelame: - «I' mi chiamo Antonio:» - chè 'l su' vero nome non glielo volse palesare, per non essere scoperto. - «E quanto vôi di salario a farmi da ortolano e giardinieri?» - Arrisponde: - «In quanto al salario, mi proverà per un mese, e io proverò Lei; e poi, dopo, se si resta contenti, combineremo, chè non ci sarà nulla da ridire.» - «Sì, sì: come tu vôi,» - dice la signora. Poi dà la mancia al mezzano e mena Antonio, ossia Adelame, che s'era preso quel soprannome, nell'orto e giardino; che pareva un serpaio, tant'era trascurato e tutto in disordine. Adelame ci si messe coll'arco della stiena; e tanto lavorò, che in pochi giorni il terreno e le piante era una meraviglia a vederle, e 'n capo a venti giorni raccolse dimolta roba primaticcia, come insalate, cedri, limoni e fiori della stagione. Prese ogni cosa e va dalla padrona: e gli dice: - «Se Lei me lo permette, anderò a vendere in campagna questa roba.» - Dice la signora: - «Vai, vai pure.» - Adelame piglia un corbello, ci mette dentro la su' roba e esce fori delle porte alla campagna; e, a cinque o sei miglia di distanza, trova un paese e lì ci vende tutto, e col corbello vôto ritorna a casa. Adelame si presenta alla signora: - «Padrona, ecco i quattrini, che ho preso della vendita;» - e gli dà una ventina di lire. La signora rimase, perchè non aveva mai ricavato nulla dal terreno; e dice: - «Bravo! son proprio contenta di te. Dunque, i' ho deliberato di darti questo salario: lire trenta al mese e tutto spesato.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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