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      Adelame lascia lì il cavallo col barroccino; e, vista una barca, ci monta su con l'Adelasia e la cassina, e co' remi e colla vela s'allontanano. Dopo un pezzo, che erano in mare, comincia una fiera burrasca, sicchè ebbero dicatti d'essere spinti in un luogo deserto, che non ci si vedeva anima viva. Sbarcano; e Adelame, presa addosso la cassina, cominciano a camminare verso un bosco folto, che ricopriva una montagna. Sali, sali, sali, era già buio fitto, e non sapevano dove mettevano i piedi e dove andavano. A un tratto, gli pare di scorgere un lume da lontano. S'avvian dunque verso quel lume e trovano una capanna di frasche, che dentro c'era un eremita vecchio in ginocchioni a fare orazione con una barba lunga lunga, che gli scendeva sul petto. Dice Adelame: - «Abbiate, padrino[5], la finezza di ricoverarci questa notte, che siamo due smarriti e non si sa dove battere il capo.» - Alza il capo l'eremita e gli guarda; e poi esclama: - «Sciagurati! che avete vo' fatto?» - Adelame e Adelasia rimasero sbigottiti e come di sasso, a sentire quelle parole. E l'eremita seguita a dire: - «Sciagurati! siete in peccato. Vo' avete trasgredito alla legge umana e alla legge divina. Alla legge umana, perchè disubbidiste al padre e al Re, e sappiate che il Re vi fa cercare dappertutto per dàrvi la pena di morte. Alla legge divina, perchè siete insieme senz'essere marito e moglie.» - Que' due allora, tutti impauriti, gli si buttarono a' piedi; e lì a pregarlo, che gli aiutasse in qualche modo, che ormai il male era fatto e non c'era rimedio.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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